In ambito professionale, 32 anni rappresentano un’età in cui, parafrasando una canzone di un noto rocker emiliano, il “meglio deve ancora venire”. Una via di mezzo fra la gavetta e quelle posizioni intermedie che, dopo qualche anno, possono portare a situazioni più appaganti dal punto di vista umano e professionale. Nel mondo del calcio, ad eccezione dei calciatori che calcano il rettangolo verde, ricoprire posizioni di vertice poco più che trentenni è cosa rara, a maggior ragione se si parla di dirigere, da una panchina, una squadra. Anche perché, a quell’età, normalmente si è ancora in piena attività agonistica.

Lipsia e Nagelsmann: binomio perfetto di ambizione programmata

Esiste un unicum, però, in terra tedesca. Una straordinaria eccezione alla normalità, chiamata Julian Nagelsmann. Un tecnico che, a 32 anni, si trova in vetta alla Bundesliga senza essere al timone di Bayern o Borussia Dortmund, le regine indiscusse dell’ultimo decennio del calcio teutonico. Certo, l’RB Lipsia è una società ambiziosa, che porta avanti un progetto tecnico molto interessante ormai da svariati anni e vanta uno scouting, da far invidia a tutte le altre squadre del mondo, che opera in totale sinergia con le compagini di Salisburgo e New York, anch’esse in orbita Red Bull. Pur essendo, di fatto, la squadra più odiata dalle altre tifoserie tedesche, in primis perché non vanta una partecipazione popolare al proprio azionariato e rappresenta un modello di business lontano dalla mentalità del tifo teutonico, a Lipsia si è svolto un grande lavoro: non è casuale, di conseguenza, che venga considerata una autorevole candidata per la vittoria del campionato tedesco, come testimoniano - ad esempio - le quote fornite dalle scommesse sportive NetBet. L’avvento di Nagelsmann a Lipsia, non ha fatto altro che aumentare i sogni dei tifosi Rotenbullen, che sperano di essere i primi a vincere la Bundes nella parte orientale della Germania. Un uomo, Julian, che arriva dalla piccola Landsberg,cittadina bavarese nota per la suggestiva Bayertor, dove il Bayern è una fede, che, però, sembra non averlo toccato: da calciatore, infatti, militò nel settore giovanile dei cugini del 1860. La gloria, il buon Julian, l’ha trovata a Sinsheim, lontano dal suo paese natale, sede dell’Hoffenheim, dove iniziò la propria carriera da allenatore nel settore giovanile del TSG.

L’epopea di Sinsheim: Julian porta il piccolo Hoffenheim in Champions

Sin da subito si intuì come fosse un predestinato: a soli 25 anni, infatti, fu nominato vice-allenatore, per vincere, poi, il titolo nazionale under 19 nell’anno seguente. Dopo quasi tre anni alla guida dell’under 19, a febbraio del 2016, con la squadra al penultimo posto in classifica e con un piede in Zweite Liga, i dirigenti decisero di affidargli la conduzione tecnica della prima squadra. Contro ogni pronostico, la squadra, grazie ad un girone di ritorno tenuto con una media da qualificazione in Europa League, riuscì a rimanere in Bundesliga. Quello, però, fu solo l’antipasto. Nella stagione successiva, infatti, l’Hoffe di Nagelsmann stupì tutti ottenendo il quarto posto, che, all’epoca, equivaleva alla possibilità di giocarsi l’accesso alla fase a gironi della Champions. Dopo un anno e mezzo a dir poco superbo, tutte le maggiori compagini tedesche, e non solo, avevano messo gli occhi su questo ragazzo, che, nonostante la giovane età, aveva messo in luce doti spiccate e un calcio innovativo, da molti definito una via di mezzo fra quello posizionale di Guardiola, al quale ha sempre dichiarato di ispirarsi soprattutto nella fase di non possesso, e quello più verticale di Klopp. Ed è proprio contro uno dei suoi mentori che, all’alba della stagione 2017/2018, il TSG di Nagelsmann si disputò l’accesso alla Champions League. I tedeschi non sfigurarono al cospetto dei Reds, ma il divario tecnico fra le due compagini era evidente. E a passare il turno fu il Liverpool.

L’emozione di sfidare Pep, che poteva trovarsi come avversario da tecnico del Real

L’eliminazione dai preliminari di Champions, però, fu lenita dal clamoroso terzo posto finale. Dopo un girone d’andata non particolarmente entusiasmante, il TSG innescò la quinta marcia nella fase finale del girone di ritorno strappando un clamoroso terzo posto, mai ottenuto prima nella storia del club. A livello di gioco, probabilmente, quel Hoffe non seppe replicare le vette raggiunte nella annata precedente. Ma grazie ad un campionato, Bayern a parte, contraddistinto dall’equilibrio, riuscì ad issarsi sul podio finale. E ad accedere, la stagione successiva, alla Champions League, quella “vera” dei gironi, dove, seppur estromesso al termine della prima fase (tre pareggi e nessuna vittoria), ebbe l’onore di sfidare il Manchester City di Pep Guardiola. Il presente, alla guida di una compagine qualitativamente superiore come il Lipsia, è ancor più roseo. D’altro canto, una persona che nell’estate del 2018 rifiutò le panchine di Bayern e Real Madrid asserendo di “essere troppo giovane per allenare un club di rango”, dimostra come dietro ad un grande tecnico esista un uomo intelligente e sapiente. Doti rare per qualsiasi uomo di 32 anni. A meno che non ti chiami Julian Nagelsmann.

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